Donne e ragazze siriane e turche chiedono la pace in mezzo alle macerie del terremoto (VIDEO) - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

2023-02-16 15:51:12 By : Ms. ruth luo

Geopolitica | Risorse | Urbanistica e territorio

Gravidanze e parti non si fermano perché c’è una crisi. La disperazione e la speranza dopo il terremoto

La mattina del 6 febbraio, mentre la maggior parte delle persone dormiva ancora, un potente terremoto ha scosso il sud della Turchia provocando morte e distruzione anche nella vicina Siria. Ore dopo, mentre le persone venivano ancora estratte dalle macerie, si è verificato un secondo sisma, che ha causato la perdita di altre vite, raso al suolo case, distrutto ospedali e intrappolato migliaia di persone in condizioni pericolose e al gelo.  Intanto, il bilancio delle vittime dei  terremoti continua a salire e ormai si avvicina ai 50.000 morti.   Secondo l’ UN humanitarian affairs office (OCHA), «Nella sola Siria sono state colpite quasi 9 milioni di persone e i danni sono peggiori nel nord-ovest – l’ultima roccaforte dell’opposizione, dove i bisogni erano già a un livello record in quasi 12 anni di conflitto.  Più di 4.700 edifici sono stati distrutti, intere strade sono state demolite e 4,2 milioni di persone ad Aleppo e altri tre milioni a Idlib sono state colpite».

Tra gli oltre 15 milioni di persone colpite in Turchia, ci sono più di 214.000 donne incinte, delle quali 24.000 partoriranno nel prossimo mese. Decine di migliaia di persone hanno perso la casa e i loro  averi, esponendo in particolare donne, ragazze e neonati a gravi rischi di malattie e violenze. I terremoti hanno devastato la vita di persone che spesso erano già profondamente vulnerabili, compresi i rifugiati della guerra in Siria che vivevano nel sud della Turchia e molti sfollati interni nel nord-ovest della Siria.

Buseyna, una donna fuggita dalla sua casa ad Adıyaman, una delle città più colpite dai devastanti terremoti, ha detto alle soccorritrici dell’United Nations Population Fund (UNFPA): «Avevamo troppa paura. Abbiamo lasciato subito le nostre case e non abbiamo potuto prendere niente per il parto, nemmeno un pannolino. Non c’era nessuno con cui comunicare e nessun posto dove stare. Ci siamo sentite impotenti».

Dato che gli ospedali più vicini erano sopraffatti dalle vittime, Busenya ha viaggiato per oltre 100 chilometri con sua madre fino a Şanlıurfa, cercando aiuto in uno spazio sicuro per donne e ragazze sostenuto dall’UNFPA: è stato lì che ha dato alla luce una bambina, Meha. «Ci avete raggiunto, aiutato con il parto e mi avete dato una borsa con tutto ciò di cui avevamo bisogno», ha detto grata alle donne dell’UNFPA.

A Lattakia, uno dei governatorati siriani più colpiti, Om Mohamed guardava con angoscia le macerie del suo quartiere: «Mi sono svegliata per rendermi conto di aver perso tutto in un minuto: niente casa, niente vestiti, niente soldi, niente di niente. Sono senza parole, ho perso ogni speranza di vivere».

Ad Aleppo la situazione era altrettanto disperata  e Mohannad che ha incontrato le operatrici UNFPA  mentre cercava un rifugio di fortuna in strada, ha raccontato: «La mia casa era il mio rifugio e lo spazio sicuro per me e i miei figli, ma ora ho tanta paura di tornarci: potrebbe crollare da un momento all’altro».

La paura e lo shock del terremoto hanno fatto iniziare in anticipo il travaglio della 22enne Hatice (nome di fantasia), che ha raggiunto una vicina struttura sanitaria in tempo per partorire in sicurezza, ma si è presto resa conto di non avere provviste per il suo neonato: tutti i suoi averi erano rimasti sotto le macerie della sua vecchia casa. Dopo aver ricevuto un kit per la salute materna dell’UNFPA e una consulenza postnatale, ha detto: «Ho ancora paura di uscire dall’ospedale, ma almeno il mio bambino è al sicuro».

Seduta esausta nel gelo di Aleppo, Ameera ha detto: «Fa molto freddo, abbiamo bisogno di coperte, materassi e vestiti invernali: dormiamo nei parchi pubblici dopo che la nostra casa è crollata».

In Siria, gli spazi sicuri dell’UNFPA stanno garantendo servizi di prevenzione e risposta alla violenza di genere, che aumenta durante le crisi, quando le strutture di supporto crollano e predomina il caos. Anche gli ospedali, i centri sanitari e gli spazi sicuri di Aleppo, Lattakia e Hama vengono riforniti di kit dignitosi e kit per la maternità per donne incinte e neomamme. I kit includono sapone, una coperta per bambini, pannolini e assorbenti postpartum e aiuteranno le donne a coprire i loro bisogni essenziali e quelli dei loro neonati.

L’Unfpa fa notare che «Migliaia di donne incinte in Siria avranno bisogno di un accesso urgente al supporto sanitario materno , comprese cure ostetriche di emergenza e tagli cesarei – operazioni che potrebbero diventare pericolose per la loro vita se i centri sanitari non sono pienamente funzionanti e, in molti casi, non sono nemmeno più in piedi».

Inoltre, l’UNFPA sta distribuendo migliaia di coperte e pacchi di indumenti pesanti, mentre più di 20 équipe mobili, composte da un ginecologo, un’ostetrica e un’operatrice di supporto psicosociale, stanno portando servizi per la salute e la protezione riproduttiva a donne e ragazze nelle tre aree più colpite della Governatorato di Aleppo.  Due camion con centinaia di kit per la salute riproduttiva sono stati inviati nel nord-ovest della Siria e fanno parte del primo aiuto umanitario transfrontaliero che ha raggiunto un’area occupata dai ribelli anti-regime e dalle milizie jihadiste.

Con le forniture mediche essenziali spazzate via nei due Paesi colpiti dal terremoto e centinaia di centri sanitari, strutture per la maternità e spazi sicuri danneggiati, gli operatori sanitari stanno lottando per gestire anche condizioni potenzialmente letali. L’UNFPA è presente nelle aree colpite sia in Turchia che in Siria e resta impegnata a ristabilire servizi fondamentali per il benessere e la protezione di milioni di donne e ragazze vulnerabili e traumatizzate che necessitano urgentemente di cure e sostegno.

Il 15 febbraio, la direttrice dell’UNFPA per gli Stati Arabi,  Laila Baker, ha parlato a UN News da Aleppo, dove le donne chiedono a gran voce la pace tra le macerie del disastro e le devastazioni della guerra: «Senza colpa, in ogni gruppo di donne, singolarmente o collettivamente, il loro messaggio era lo stesso: ne abbiamo avuto abbastanza. Siamo esauste e vogliamo la riconciliazione. Vogliamo la pace. E speriamo che durante questo momento molto buio, che sia un momento in cui i cuori e le menti di tutti siano aperti alle possibilità di pace».

La Baker ha visitato le cliniche UNFPA ad Aleppo, così come i rifugi di fortuna, e ha parlato con i partner e il personale di pronto intervento e sottolinea che «Mentre il livello e la portata della devastazione è impossibile da comprendere, il danno è molto più profondo. Non è solo la distruzione fisica che è aggravata da oltre un decennio di conflitti e guerre. E’ l’esaurimento cumulativo di un popolo che ha lottato per la propria esistenza vitale e ora sente che, proprio nel momento in cui stava iniziando a tornare a una certa normalità e vedeva speranza e luce alla fine del tunnel, il disastro naturale, questo violento terremoto, ha letteralmente sgretolato le loro speranze così come sono crollati gli edifici durante il terremoto stesso».

Le donne e le ragazze costituiscono la maggior parte delle persone attualmente nei rifugi nel nord e nel nord-ovest della Siria, o che sono state sfollate. Prima del terremoto, l’UNFPA e i suoi partner stavano conducendo diverse iniziative per fornire parti sicuri e servizi di salute materna, nonché protezione dalla violenza di genere. La Baker evidenzia che «Quie servizi li abbiamo dovuti dovuti aumentare in modo massiccio. I servizi sono stati integrati e ampliati anche nei rifugi di fortuna, moschee, scuole e persino parchi, dove le condizioni non sono ideali. Dico “rifugio”, ma uso il termine in modo approssimativo. Nessuno di questi rifugi di fortuna è attrezzato per i residenti umani. Mancano di acqua. Mancano di buone condizioni igienico-sanitarie, elettricità, riscaldamento. Fa freddo, in alcuni punti è buio, ma stiamo cercando con i nostri partner sul campo di fornire servizi vitali».

L’UNFPA ha distribuito “dignity kit” a quasi 40.000 donne e famiglie nella sola Aleppo, fornendo loro prodotti per l’igiene di base e altri articoli per la cura personale che aiutano a infondere un senso di normalità. L’agenzia Onu sta anche lavorando con i suoi partner per fornire attrezzature mediche a i due ospedali che sono ancora funzionanti».

La guerra civile/internazionale ancora in corso dopo il terremoto aveva già fatto a brandelli il sistema sanitario siriano. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms ), prima del terremoto  erano operative solo la metà di tutte le strutture sanitarie, Dopo aver visitato la Siria la settimana scorsa, ieri il capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha detto: «Ho visto la distruzione di intere comunità, l’indicibile sofferenza e la determinazione dei sopravvissuti e dei soccorritori. L’Oms sta fornendo assistenza ai sopravvissuti, dai bisogni psicosociali alle medicine Ma il compito di salvare vite umane è solo all’inizio». Michael Ryan, direttore esecutivo dell’health emergencies programme dell’Oms ha aggiunto: «Per la salute, abbiamo bisogno di pace. Dal punto di vista umanitario, il potenziamento sta andando avanti. Tuttavia, il nostro sostegno dipenderà dalle condizioni sul campo».

Il sostegno fornito dall’Oms e dall’UNFPA fa parte dei più ampi sforzi di soccorso e salvataggio messi in atto dalla comunità internazionale di fronte alla colossale catastrofe in corso in Siria e Turchia. Ad esempio, l’Unicef ha contribuito a fornire integratori di micronutrienti a 113.000 bambini sotto i 5 e anni e a 1.000 donne in gravidanza e in allattamento per tre mesi. Il World food programme (WFP) ha distribuito pasti pronti e altri prodotti alimentari alle famiglie sfollate.

La Baker conferma: «Stiamo lavorando fianco a fianco con il resto del team delle Nazioni Unite qui sul campo per garantire un migliore coordinamento tra di noi in modo che i più bisognosi ottengano il servizio più rapido. E’ un’operazione massiccia e senza paragoni e niente che una singola agenzia, o un singolo Paese, possa affrontare».

Per questo, gli operatori umanitari hanno accolto con favore la decisione del governo siriano di aprire altri due valichi al confine con la Turchia, in modo che gli aiuti possano essere consegnati nel nord-ovest. Il terremoto ha colpito il 6 febbraio e inizialmente i convogli stavano entrando attraverso Baba Al-Hawa, l’unico valico di frontiera rimasto e autorizzato ai sensi di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu adottata 9 anni fa. A partire dal 15 febbraio, 117 camion hanno attraversato il valico e anche quello di Bab al-Salam. La Baker è convinta che «La mossa della Siria avrà un impatto molto positivo sulle operazioni di aiuto. Ringrazio le nazioni che hanno temporaneamente revocato le sanzioni contro Damasco e il governo turco per la sua collaborazione. Penso che questa sia una nota fondamentale su come può iniziare la riconciliazione. Alla fine, abbiamo un punto su cui tutti convergono sulla necessità di aiutare coloro che hanno bisogno del nostro aiuto. Ed è imparziale, è cieco a tutto tranne che all’assistenza umanitaria. L’UNFPA prevede di fornire più kit per la dignità e attrezzature ospedaliere nella regione e rafforzerà il personale e il coordinamento sul campo, perché c’è un senso di dovere di cura anche nei confronti del nostro staff. Anche se il personale dell’agenzia è stato traumatizzato dal terremoto, continua a lavorare instancabilmente ogni giorno. Alcune  hanno persino dormito nelle loro auto, spostandosi da un luogo all’altro una volta terminato il loro compito».

L’Onu ha lanciato un appello per quasi 400 milioni di dollari per la Siria e un appello simile per la Turchia è in fase di definizione.  Il portavoce dell’Onu Stéphane Dujarric conclude: «Gli sforzi si stanno rapidamente intensificando e sono in programma ulteriori valutazioni in Siria per identificare i bisogni prioritari in diverse aree. Le Nazioni Unite e i partner umanitari dell’ Inter-Agency Standing Committee hanno dichiarato un’espansione a livello di sistema per sei mesi. Questo aiuta a garantire che stiamo dispiegando collettivamente e operativamente tutti i mezzi e le risorse possibili per rispondere con urgenza nelle aree colpite dal terremoto».

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